In occasione di Matera capitale della cultura 2019, una commissione a Georg Friedrich Haas ha trasformato la città in un palcoscenico.

Tutto si è svolto a partire dal seicentesco Palazzo Lanfranchi, oggi sede del Museo Nazionale d’Arte Medievale e Moderna della Basilicata, punto di partenza dell’Orchestra di fiati “R. D’Ambrosio” di Montescaglioso, la banda tradizionale di uno dei paesi più vicini al centro storico di Matera. Disseminati all’interno del Palazzo, vari musicisti hanno arricchito la collezione del Museo con una fitta rete di suoni, mentre al piano sottostante, nell’ipogeo, ha trovato posto il sestetto di percussioni.

Dalla parte opposta del centro storico, agli ipogei di Sant’Agostino, era invece possibile avventurarsi nelle sonorità del trio di pianoforti mentre, nella chiesa adiacente, l’atmosfera rispondeva alle suggestioni di un ottetto d’archi e organo. Infine, una performance al buio del quartetto d’archi ha trovato il suo posto ideale a Casa Cava, sito completamente scavato nella roccia nel cuore del Sasso Barisano, oggi sede di un Centro per la Creatività, a Nord-Ovest di Matera.

Affollata dai turisti, ai primi colori della sera la città si prepara ad assistere probabilmente al progetto musicale più interessante mai organizzato prima a Matera. Georg Friedrich Haas sta per raggiungere Palazzo Lanfranchi quando gli elementi della banda di Montescaglioso cominciano a sistemarsi – tra loro c’è anche chi scalda il proprio strumento sulle note del tema di Harry Potter. Per molti è una festa, per alcuni, invece, la possibilità di partecipare alla nascita del primo brano per banda del compositore austriaco. L’incipit ritmico del rullante avvia una serie di suoni tenuti dai fiati, che gradualmente salgono verso l’alto prima di ritornare nel registro grave e ricominciare la propria scalata dal gradino successivo.

La banda comincia la sua marcia da Piazzetta Pascoli a Piazza San Giovanni, per poi ritornare al punto di partenza e ripetere il percorso per tutta la serata. Haas si ferma, chiude gli occhi per alcuni minuti, affinché i suoni ormai lontani si confondano tra loro e il vociare della gente: a quel punto li riapre e, soddisfatto, segue la banda tenendo la dovuta distanza.

All’entrata di Palazzo Lanfranchi si distingue il suono della viola, posizionata al centro del giardino dal quale si ha accesso alle varie stanze espositive del museo. L’intera collezione è avvolta di suoni, vicini e lontani. Nella prima stanza il fagotto si intrattiene su un singolo suono del registro grave, sul quale partecipano le sonorità più aspre della fisarmonica e del clarinetto, disseminati negli spazi limitrofi. A questi si aggiungono due susafoni, intenti a un vero e proprio corteggiamento fisico che si consuma con l’avvicinamento delle campane degli strumenti e il cambio di posto dei due musicisti. 

Il tragitto da Palazzo Lanfranchi al complesso di San Agostino è l’occasione per scambiare qualche impressione con Georg Friedrich Haas che nel frattempo si è divertito a osservare il successo dell’operazione, con il pubblico in fila pur di entrare nei vari luoghi.

Dalla piazza principale, la banda invita i passanti a seguirla verso via Cappeluti dove si trova la lapide commemorativa dell’eccidio nazista avvenuto proprio il 21 settembre, nel 1943, tema che tocca da vicino la sensibilità del compositore.

Tre pianoforti a coda, accordati a un sesto di tono di distanza ciascuno, sono stati disposti nello spazio degli ipogei di San Agostino. Sei giovanissimi pianisti raggruppati a coppie irrompono nella regione più bassa del pianoforte. L’effetto roboante stacca immediatamente su una serie di arpeggi che dal basso si muovono lentamente verso la zona acuta, il cui movimento pone in vibrazione una serie di sonorità cristalline che si infittiscono sempre più prima di ritornare ad agire nuovamente sui bassi. Come spiega lo stesso compositore, il tutto deve svolgersi nel modo più fluido possibile, senza incappare in impreviste accentazioni. Di lì a poco entrerà in gioco la stanchezza fisica, l’abbassamento della concentrazione. Così anche gli strumenti a fiato e i componenti della banda. 

Nella chiesa vicina, l’ottetto d’archi si accorda con l’organo, che sovrasta l’altare già dalla prima metà del Settecento, in dense stratificazioni. Quasi un invito alla meditazione, accentuato dalla quasi totale oscurità del luogo.

Ultima tappa del concerto itinerante, lo spazio interamente ricavato nella roccia di Casa Cava, trasformato in auditorium, ha accolto nella più totale oscurità l’esecuzione del quartetto d’archi. Si avvicina la mezzanotte e chi non riesce a raggiungere la poltroncina trova posto direttamente sulla pietra. Dopo essersi sistemati sul palco di vetro, i musicisti attendono che cali il buio prima di cominciare a suonare. L’oscurità assicura un silenzio assoluto, mentre il suono degli archi alimenta il respiro di Matera che si rivela all’intero di un’esperienza unica.

Comments are closed

Panoramica privacy

Questo sito Web utilizza i cookie per consentirci di offrire la migliore esperienza utente possibile. Le informazioni sui cookie sono memorizzate nel tuo browser ed eseguono funzioni come riconoscerti quando ritorni sul nostro sito web e aiutando il nostro team a capire quali sezioni del sito web trovi più interessanti e utili.